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Il popolo degli orti a Piacenza: intervista ai Cosmonauti

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Una delle realtà più longeve del panorama green di Piacenza, si presenta, ecco i Cosmonauti

Giulio Merli e Javier D’Argenio dell’associazione Cosmonauti Asp, che da anni si impegna nella promozione della partecipazione dei cittadini alla costituzione e al mantenimento di orti condivisi, ci raccontano l’esperienza dell’agricoltura urbana nella città di Piacenza anche come strumento di partecipazione, di riaffermazione della propria capacità di scegliere e di responsabilizzazione nei confronti dello spazio che ci circonda.

Com’è nata la vostra passione per la coltivazione?

Javier: tutto è nato inizialmente come gioco e passatempo per uccidere la noia quando eravamo alle superiori, successivamente è diventato altro: dall’orto mi sono interessato al tema dei frutteti, degli animali e da poco è arrivata anche la passione per le api. Con i cosmonauti ci stiamo specializzando anche a temi che rimandano oltre che all’agricoltura e alla cura del verde alla società e portiamo avanti attività come l’ortoterapia e gli orti didattici nelle scuole.

Giulio: la mia è una storia che inizia nell’infanzia, io vengo dall’Oltrepò dove mio nonno aveva un grosso frutteto e un orto che curava e quindi ho tutta una serie di ricordi e di rimandi. Poi, per tutta una serie di vicissitudini, per tanto tempo ho trascurato il tema del verde e della natura fino a che ho risentito la necessità di curare quello che ho intorno. L’esigenza personale di stare nel verde si è mescolata con il mio lavoro, io sono educatore e utilizzo molto lo stare all’aperto, attività di ortocultura e ortoterapia.

Come vi siete conosciuti?

Giulio: circa cinque o sei anni fa è nata l’associazione e negli anni abbiamo visto affacciarsi tanti giovani con una predisposizione ai temi che trattavamo. La cosa bella è che si va molto per competenze, e non per anzianità. Può capitare che qualcuno con vent’anni in meno di me sia l’esperto con il compito di formare tutti gli altri.

Come vi siete formati?

Javier: le persone che fanno parte dell’associazioni hanno formazioni e competenze diverse ma complementari. Con l’associazione abbiamo anche seguito dei corsi di formazione ma il 50% delle competenze è nata dall’aver provato, dalla condivisone, delle nostre conoscenze e dai nostri errori.

Giulio: Ci sono persone che non hanno un nesso diretto con il mondo del verde e del sociale ma che hanno una grandissima passione. Bene o male c’è un processo continuo di autoformazione, ognuno di noi studia, segue corsi, recupera materiali che posso essere utili e quindi cascata si acquisisce per osmosi. La parte più interessante è cercare le competenze al di fuori, ad esempio, qui al frutteto di Santa Maria di Campagna, che noi come associazione abbiamo recuperato, tutt’ora non abbiamo scoperto tutte le varietà presenti e quindi abbiamo dovuto chiedere l’aiuto di esperti esterni che purtroppo ancora ad oggi non hanno saputo aiutarci a individuare diverse specie qui al frutteto.

Qual è stato il vostro primo orto?

Giulio: Inizialmente eravamo al Campo lunare, un’azienda agricola che ci ha ospitato i primi anni e durante i quali abbiamo fatto le prime esperienze di ortoterapia. Successivamente, siamo passati ad altre aziende agricole della zona. Negli anni siamo stati molto itineranti e non avere una sede fissa è sempre stato un po’ un problema poi negli ultimi anni ci siamo concentrati nell’area urbana della città di cui l’ultimo Spazio2 e un nuovo progetto a Spazio4.

Come hanno reagito i cittadini alla vostra esperienza?

Giulio: La cittadinanza qui a Piacenza ha reagito molto bene, nelle piccole cose che abbiamo proposto come i laboratori c’è sempre stato il pieno di iscritti. Molti giovani soprattutto in quest’ultimo periodo hanno iniziato a prendere parte ad attività ordinarie come la manutenzione degli orti. Il lockdown in qualche modo ha inciso perché le persone forse hanno rivisto le loro necessità e i loro bisogni, indubbiamente abbiamo notato che c’è un maggior interesse oggi da parte delle persone che si sono (ri)avvicinate al verde.

Javier: anche per quanto riguarda le scuole abbiamo senz’altro riscontrato che le attività all’aperto che noi proponiamo stanno interessando molto gli insegnanti, anche questo come conseguenza della situazione che si è venuta a creare con il covid.

A Piacenza ci sono numerosi orti comunali e non, cosa ne pensate in merito alla gestione del fenomeno?

Javier: se si guarda agli orti non gestiti dal comune o cosiddetti ‘abusivi’ vediamo che questi sono frequentati da un’utenza molto varia: ci sono tanti giovani e anche non italiani. Il problema è che spesso manca l’acqua, non esiste una gestione corretta dei rifiuti e non ci sono servizi. Ci sono molte aree verdi qui intorno che ora sono semplici campi abbandonati e che potrebbero essere gestiti molto più facilmente trasformandoli in orti rispetto al dover falciare l’erba numerose volte all’anno con lo spreco di risorse che questo comporta.  

Cosmonauti anche a Lampedusa

Giulio: date le numerose richieste che ci arrivano da persone interessate ad intraprendere questo tipo di attività penso che sia insensato non riuscire a dare una risposta a questa esigenza. Ci sono tante responsabilità e mettere a disposizione gli spazi persone che fanno queste richieste significherebbe anche in qualche modo risolvere la questione dell’abbandono delle aree pubbliche. Non dimentichiamoci che intorno agli orti si crea un senso di responsabilità comune e questo è l’anticorpo più grande che può nascere all’interno di una città: dire questa cosa è mia, tua e di tutti e significa volontà di renderla bella e vivibile ma anche gran senso civico e anche senso di appartenenza alla città.

Come avete scelto questo luogo (orti di Santa Maria di Campagna)?

Giulio: è stato un po’ un caso, un giorno un amico presidente dell’associazione orti insieme su Facebook aveva chiesto se c’era qualcuno disposto a prendersi cura di queste piante e così noi siamo venuti a vedere la situazione e ci siamo subito resi conto che c’era un patrimonio incredibile di biodiversità. Ora sono cinque anni che ci prendiamo cura di queste piante e ci siamo appassionati, tra le altre cose abbiamo anche presentando dei progetti al Comune insistendo su quest’area. Avere un frutteto come questo oggi all’interno delle mura equivale ad avere un gioiello, negli anni abbiamo anche arricchito la varietà di piante autoctone presenti come il melo piacentino.

Javier: Con il nostro progetto coltiviamo tradizioni cerchiamo di diffondere l’idea che niente dev’essere andare perso, che non è possibile solo vivere nel cemento in una vita alienata, bisogna rimettere i piedi in terra e riprendere il contatto con la natura.

A un giovane che vuole avvicinarsi a questo mondo cosa consigliate?

Giulio: Molto semplicemente consiglierei di prendere parte alle nostre attività, fare esperienza fisica mettendo le mani nella terra e poi da lì si aggiunge tutta una serie. La scintilla potrebbe semplicemente scattare dalla soddisfazione di poter mangiare i frutti direttamente dalla terra scoprendo i sapori genuini di un pomodoro ad esempio che non ha passato la catena del gelo, poi ovviamente arriva la passione e in generale l’apprezzamento delle cose non artefatte.

Javier: Ognuno ha diverse sensibilità: per qualcuno può essere il profumo dei fiori in primavera o per altri il toccare una superficie che non sia inerte ma viva, negli orti ognuno può ritrovarci quello che desidera. 

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